Giuseppe Cangiano
Quick Facts
Biography
Giuseppe Cangiano (Cittaducale, 6 settembre 1875 – Firenze, 29 agosto 1920) è stato un poliziotto italiano con la qualifica di commissario della Polizia di Stato, medaglia d'argento al merito civile alla memoria. Commissario della Regia polizia a Firenze, cadde vittima di un agguato durante degli scontri a carattere politico nell'agosto del 1920. Fu uno dei primi caduti delle forze dell'ordine durante il biennio rosso.
Biografia
Nato a Cittaducale, in Abruzzo, da una famiglia dell'alta borghesia locale. Suo padre Ludovico, e la madre Prassede Costantini, lo indirizzarono agli studi classici. A fine secolo si trasferì a Roma per gli studi in legge. Fu, tra le altre, segretario personale dell'onorevole Rosano e giornalista in alcune riviste. Entra nell'Amministrazione di Pubblica Sicurezza nel 1905. Si trasferisce a Firenze. Nel 1907 si sposa con Argia Cipriani, figlia dello scultore Adolfo Cipriani, con cui mise al mondo tre figli, Matilde, Bianca e Renzo. Dalle note biografiche riportate dalle cronache giornalistiche all'epoca della sua morte, si evince una carriera brillante. Precedentemente alla responsabilità del Commissariato centrale di S.Giovanni (il più importante del capoluogo toscano), era stato Comandante della Squadra mobile, della Squadra provinciale annonaria e della Squadra del buon costume. Con tre promozioni al merito e dodici encomi, era ritenuto una delle figure più autorevoli al servizio del Ministero dell'Interno in Toscana.È sepolto al Cimitero monumentale delle Porte Sante di S.Miniato al Monte a Firenze.
L'omicidio Cangiano
Il fatto ebbe un'eco nazionale e scosse profondamente l'opinione pubblica.Si era all'alba dell'occupazione delle fabbriche che sarebbe avvenuta nel settembre di quell'anno in un periodo di forti tensioni sociali che dalla campagna non erano ancora transitate nel resto del tessuto sociale. Accadde nel pomeriggio di domenica 29 agosto 1920. Le cronache giornalistiche del tempo, riportarono che piazza S. Maria Novella era gremita per una manifestazione del Partito Socialista Italiano e della locale Camera del Lavoro. Il comizio ebbe inizio alle 17 e il dispiegamento di forze dell'ordine era esiguo per la decisione degli organizzatori si non effettuare alcun corteo.Al termine del comizio, però, un gruppo di facinorosi si diresse verso l'odierna Piazza della Repubblica (allora Piazza Vittorio Emanuele) transitando per il Duomo e raccogliendo, strada facendo, un gruppo abbastanza consistente di manifestanti. Secondo alcune stime, tra le due e trecento persone.Essendo l'improvvisato corteo in vista di piazza Vittorio Emanuele, gremita di cittadini per pausa domenicale, il Commissario Cangiano ritenne d'intervenire per parlamentare con il folto gruppo di manifestanti. Le cronache riportano che nonostante accenni di malcontento e qualche fischio, i manifestanti si fossero convinti a dirigersi verso la Camera del Lavoro e poi sciogliere il corteo non autorizzato. La cautela mostrata del funzionario di Polizia fin dal primo momento, era motivata dalla consapevolezza del delicato momento politico e sociale, caratterizzato da forti tensioni le quali trovavano poche risposte dal governo Giolitti che si barcamenava grazie ad una maggioranza parlamentare sofferta e litigiosa. Una situazione difficile in cui versavano, seppure in modo diverso, anche altre nazioni europee. All'improvviso, i testimoni oculari riportarono che alcuni facinorosi, probabilmente infiltratesi all'interno del corteo, cominciarono a cingere il Commissario. Alle sue spalle venne sferrato un colpo di bastone che lo colpì alla nuca. Il commissario non fece in tempo a voltarsi che gli venne sparato un colpo alla fronte. Un secondo colpo al volto gli venne nuovamente sparato quando egli era a terra. Nel fuggi fuggi generale, venne soccorso da un carabiniere, il Brigadiere Sardelli, il quale caricando il corpo con altri commilitoni su una carrozza, lo portò al vicino Ospedale di Santa Maria Nuova. Ma inutilmente. Nel frattempo, in piazza scoppiarono disordini che videro impegnati carabinieri e polizia.
Il fatto, che aprì le porte ad una risposta ancora più indecisa e titubante da parte del Governo, in bilico tra posizione conservatrici e maldestri tentativi di riforma, è ricordato con una lapide alla Questura delle città e commemorato annualmente.
Destino volle che anche il suo giovane figlio Renzo, ufficiale dell'esercito, cadrà in combattimento ventitré anni dopo in Jugoslavia, nel dicembre del 1943, alla guida del proprio reparto il quale, dopo l'armistizio dell'8 settembre, si era unito alla resistenza contro il nazi-fascismo. Anch'egli medaglia al valore, alla memoria. Anch'egli alle prese con scelte politiche e scelte di comando ormai storicamente definite ondivaghe e contraddittorie.
Onorificenze
Medaglia d'argento al valor civile alla memoria concessa in data 23 ottobre 1924 (G.U. 258 del 5 novembre 1924, parte prima.) Questa la motivazione: ”Allo scopo di evitare un conflitto, che avrebbe potuto causare vittime innocenti, affrontava da solo una turba scalmanata di sovversivi in procinto di commettere atti di violenza e mentre tentava con la persuasione d'indurre i più facinorosi alla calma, veniva colpito a morte da un colpo di rivoltella sparatogli a bruciapelo da un anarchico”.