Francesco d'Arquata
Quick Facts
Biography
Francesco d'Arquata (Arquata del Tronto, ... – Avignone, 3 giugno 1354) è stato un predicatore italiano.
Originario d'Arquata del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, è vissuto nel XIV secolo. Fu un frate laico e predicatore francescano, le notizie che riguardano la sua vita sono scarse e lacunose, è noto come l'ultimo personaggio del territorio ascolano di cui si occupò l'Inquisizione.
Lo storico Antonio De Santis inquadra la sua figura come quella di un semplice frate predicatore, lo definisce torzone, e aggiunge che fu animato da un forte sentimento di fede nell'ideale francescano di povertà. Egli seguì il religioso fra Giovanni Castiglione nel territorio meridionale della Francia ed, insieme con questi, itinerando di paese in paese, predicò gli insegnamenti di san Francesco d'Assisi contrapponendoli al lusso della Chiesa e in particolare a quello della Corte di Avignone.
I due frati scelsero per la diffusione dei loro sermoni soprattutto la città di Montpellier, dove aveva sede l'università istituita dal papa Niccolò IV, considerata all'epoca come un vivace centro culturale. Fu in questa cittadina francese che avvenne il loro arresto per mano dell'inquisitore mandato dal papa Innocenzo VI e, da qui, furono condotti in stato di prigionia presso l'istituto di detenzione di Carcassonne. Da questa località furono trasferiti ad Avignone da due notai incaricati del papa e due sbirri.
Nell'Archivio Vaticano si trova ancora conservata la nota delle spese sostenute per la traduzione dei due frati, che ammontarono a quattro fiorini d'oro giornalieri più il vitto. Nella città di Avignone, al cospetto del papa Innocenzo VI, senza alcun timore ripeterono e misero per iscritto le loro affermazioni sulla illegittimità dei papi succedutisi da Giovanni XXII a Innocenzo VI, considerandoli indegni di ricoprire qualsiasi carica o ufficio ecclesiastico. Sebbene vi furono tentativi per zittire i due frati, non vi fu verso di convincerli e pertanto condannati al rogo. Alla presenza del papa furono ridotti allo stato laicale e arsi tre giorni dopo la Pentecoste. La condanna fu eseguita ad Avignone il 3 giugno 1354. Dalle cronache dell'epoca si apprende che affrontarono il fuoco con serenità. Mentre erano condotti al rogo e durante il divampare delle fiamme cantavano con voce ferma il Gloria in excelsis Deo, fino a quando il fumo non lo impedì. La folla presente al supplizio restò attonita e impressionata dal coraggioso comportamento dei frati, in segno di rispetto s'inginocchiò e prima che i soldati portassero via i resti dei religiosi, per gettarli nel Rodano, tentò di prendere qualche avanzo per custodirlo come reliquia.
Note
Bibliografia
- Antonio De Santis, Ascoli nel Trecento, Vol. II (1350 - 1400), Collana di Pubblicazioni Storiche Ascolane, Grafiche D'Auria, ottobre 1999, Ascoli Piceno, pp. 308-311;